Il Giornale di Vicenza. LA PAGINA DELLA DOMENICA
Domenica 29 novembre 1987
Emilio Farina è, per eccellenza, pittore visionario. E’ un veneto – vicentino – trascinato a Roma, come Piranesi; ed ha guardato, traendone lezione, il notturno e straziante disfacimento cromatico del «Supplizio di Marsia» di Tiziano; il manto nero, e tuttavia per bianco per riverbero di luce sul velluto, della «Santa Lucilla» di Jacopo Bassano; i lividi crepuscoli in cui si dissolve la Laguna e Venezia muore, di Francesco Guardi. Suo tema prediletto è l’angelo, misteriosa creatura intermediaria tra cielo e terra in cui si coniugano le vicende della storia e le avventure dell’immaginazione. Ed è un angelo, stimo, la figura arcana che la tela accampa del dipinto che Farina mi ha confidato. Un volto di gesso dalla fronte spaccata e segnato da screpolature sottili e rubine quasi incredibili ferite sanguinanti. Emerge da un fondo che par di tempesta, e guarda, senza occhi, dolente e pietoso, come chi tutte le miserie, le pene e le follie del mondo abbia veduto e conosciuto e patito; come chi astronavi in fiamme (chi non ricorda il rassegnato «replicante» di «Blad Runner»?) abbia osservato nella costellazione d’Orione. Mi guarda dalle occhiaie vuote e profonde: e me ne sento, insieme, spaventato e consolato. «Testimone muto» si intitola.
Lionello Puppi